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domenica 27 aprile 2025

L'incremento del tasso di crescita del gap generazionale e il ripensamento della tecnica



La peculiarità dell’essere vivente è di non arrivare al limite delle sue possibilità, mentre l’oggetto tecnico fa il contrario: esaurisce le sue possibilità e le spiega a dispetto di tutto, anche dell’uomo, determinando, più o meno a lungo termine, la sua scomparsa. Alla fine di questo processo irresistibile verso un universo perfettamente oggettivo, che è in qualche modo lo stadio supremo della realtà, non c’è più un soggetto in grado di osservare il reale.
— Jean Baudrillard, "Internazionale", n. 674 (2006-2007)


Il nostro tempo è attraversato da un sottile paradosso dove
più la vita umana si allunga, più il dialogo tra le generazioni si inabissa.

La crescita dell'aspettativa di vita, che in prima istanza potrebbe suggerire una maggiore continuità della memoria storica e culturale (probabile che in passato sia stato così), in realtà amplifica il gap generazionale. Ciò è plausibile per quelle generazioni che si ritrovano a vivere tra il XX e il XXI secolo. Di fatto, non siamo di fronte più solo ad una differenza di età, ma ad una distanza radicale nei modi di essere, di percepire, di abitare il mondo. Bisognerà comprendere se tale gap continuerà come tale anche quando ognuno sarà completamente immerso nel digitale oppure muterà forma. Bisognerà comprendere, altresì, se esso è appannaggio di coloro che vivono il presente e si ritrovano a pensare con mezzi analogici in un mondo digitale.

Ad oggi i nipoti nelle loro pratiche non imitano più i nonni, nemmeno se sono rampolli che ereditano una grande e duratura azienda. Anzi il loro operato in seno all'innovazione deve procedere in direzione opposta per affrontare le «sfide del mercato».

In ogni caso, tale gap non sembra crescere linearmente. Pare esplodere in modo esponenziale, accelerato dalla tecnica che trasforma continuamente il medium attraverso cui il «reale» ci appare (astrattamente).

McLuhan ci aveva insegnato che «il medium è il messaggio» e ogni mutamento del mezzo non si limita a cambiare il contenuto della comunicazione, ma ridefinisce le strutture cognitive, emozionali e percettive delle generazioni che vi nascono dentro.

Così, ogni nuovo medium – dalla stampa alla Radio/televisione, da Internet all'Intelligenza Artificiale – genera camere a tenuta stagna, ambienti astratti e semanticamente chiusi, nei quali le generazioni si formano e procedono secondo ritmi e codici incompatibili con quelli precedenti.

Un telefono a disco, familiare alla mano di un ottantenne, è oggi un oggetto museale per un ventenne.

La biblioteca, spazio fisico della ricerca per chi è cresciuto nella cultura cartacea, è per i nativi digitali una metafora quasi incomprensibile, sostituita da un algoritmo di ricerca o da un breve «reel».

Le relazioni stesse mutano rendendo il linguaggio non più sequenziale ma frammentario, asincrono, mediato da dispositivi che condensano interi mondi in flussi di immagini effimere. La non sequenzialità del messaggio unita alla timeline o allo scorrimento per mezzo del pollice ridisegna il mondo circostante e si allinea con il «tutto e subito» purché sia celatamente transeunte.

Tali mutamenti non sono semplici trasformazioni culturali, ma hanno un risvolto ontologico molto profondo radicato nella struttura del nostro stesso modo di pensare la «cosa». Sicché in una struttura di pensiero dove «ciò che è» può identificarsi al nulla il mondo non è più lo stesso mondo, ad ogni istante e per ogni generazione. E chi cresce in un medium diverso abita un'altra epoca, anche se il calendario dice che viviamo nello stesso anno.

In questa prospettiva, la tecnica non si limita a essere strumento dell'uomo. Come intuì Jean Baudrillard, la tecnica esaurisce le sue possibilità a dispetto di tutto, anche dell'uomo stesso, avviando un processo inarrestabile verso un universo perfettamente oggettivo, dove – alla fine – non rimane più alcun soggetto per osservare il «reale». Ma qui il reale non possiede nessun carattere di immutabilità. Possiamo aggiungere che il «paradiso della tecnica», cui si è riferito per primo John Maynard Keynes, oggettivando il mondo porterà dall'essere pensato come una «promessa economica» ad un necessario ripensamento – come sosteneva Emanuele Severino – di quelle domande fondamentali in seno ad una rinnovata ricerca della verità come fondamento e non come valore attribuibile ex post a qualcosa, quindi soggetto a scadenza o a «versioning» – per dirla in termini informatici.

Viviamo dunque un'epoca in cui l'accelerazione della vita e l'accelerazione della tecnica entrano in risonanza, amplificando un processo di separazione che rischia di lasciare l'uomo privo di un orizzonte condiviso, sospeso tra mondi che si ignorano.

Come accennato all'inizio, ciò potrebbe essere una caratteristica del presente in quanto nel futuro il «tutto digitale» potrebbe rivelarsi l'ultimo medium, quindi l'ultimo messaggio. Forse, tale limite sarà raggiunto dopo un lungo transiente dove la compartimentazione intergenerazionale si riconfigurerà interamente nel medium digitale. Qualche indizio è fornito da quelle camere a tenuta stagna riscontrabili attualmente sui social media.

Il nostro compito è quello di tornare a pensare la tecnica non come mera somma di strumenti, ma come forma originaria del nostro abitare, come forza che plasma l'essere stesso (inteso come nulla), e che chiede di essere riconosciuta prima di poter essere attraversata senza perdersi. Ciò è necessario prima di ogni dibattito etico che altrimenti si rivela essere un gioco che non porta da nessuna parte – un girare intorno al «positivo significare del nulla» senza guardarne in faccia la natura del suo contenuto.

I grafici in basso sono qualitativi. Essi esplicitano delle tendenze numeriche che narrano visivamente come il gap intergenerazionale cresca esponenzialmente in risonanza con l'aumentare dell'aspettativa di vita. Qui l'interesse non è nell'entità assoluta del gap in sé, ma nel tasso stesso della sua crescita, nella velocità con cui il mondo umano si frammenta e si ricompone su nuovi piani.


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