S’immagini di avere un paio di scarpe, una destra e una sinistra. Si prenda una delle due scarpe senza guardarla e la si porti in un luogo remoto. Rimane una scarpa con te che non hai osservato e quindi non sai se è la destra o la sinistra. Quando decidi di guardare la scarpa che hai con te, scopri che è, per esempio, la scarpa sinistra. Immediatamente sai che la scarpa che hai portato lontano è la destra. Questo perché le due scarpe sono “preparate” in modo tale che una è necessariamente destra e l’altra sinistra. Questa relazione è «predeterminata» e non cambia indipendentemente da dove le scarpe vengono portate: la conoscenza dello stato della scarpa che si ha con sé ci dà automaticamente la conoscenza dello stato della scarpa lontana.
Nella teoresi di Emanuele Severino espressa nella «Struttura Originaria» (SO), l’unità di L-immediatezza (immediatezza logica) e F-immediatezza (immediatezza fenomenologica) è centrale sotto tuti gli aspetti. La L-immediatezza riguarda l’identità-innegabilità logica delle determinazioni, ossia il loro essere necessario e innegabile nel contesto della totalità dell’essere. La F-immediatezza, invece, si riferisce al manifestarsi immediato dei fenomeni (apparire), ovvero ciò che appare direttamente alla nostra «esperienza». Il filosofo bresciano sostiene che queste due dimensioni non possono essere separate: ogni fenomeno che appare (F-immediatezza) è intrinsecamente legato alla verità logica del suo logos (L-immediatezza).
Applicando questa idea al «problema» delle scarpe, possiamo constatare che l’atto di osservare la scarpa che abbiamo con noi (F-immediatezza) è immediatamente collegato alla verità logica della relazione predeterminata tra le due scarpe (L-immediatezza). Quando osserviamo che la scarpa con noi è la sinistra, stiamo simultaneamente riconoscendo la necessità logica che la scarpa lontana è la destra. Non c’è separazione tra ciò che appare fenomenologicamente e la verità logica sottostante. L’informazione che otteniamo osservando una scarpa non è creata ex novo, ma è una manifestazione di una relazione necessaria preesistente (originaria). Ciò mostra come la «percezione» fenomenologica sia sempre legata alla struttura logica dell’essere, eliminando l’illusione che ci possa essere una separazione (isolamento) tra l’apparire e l’essere.
L’esempio delle scarpe può servire come una fruttuosa analogia per comprendere il fenomeno dell’entanglement quantistico, sebbene con limitazioni. L’entanglement quantistico è un fenomeno in cui due o più particelle diventano interconnesse in modo tale che lo stato di una particella non può essere descritto indipendentemente dallo stato dell’altra, anche se sono separate da grandi distanze — di norma in sede sperimentale lo stato entagled è «preparato» in laboratorio mediante apposite tecniche. In altre parole, la misurazione dello stato di una particella influenza istantaneamente lo stato dell’altra — ciò creò non pochi problemi ad Albert Einstein, tra i primi ad avere contezza del fenomeno, la cui teoria della relatività non ammetteva fantsmatiche azioni a distanza.
Secondo l’interpretazione di Copenaghen della fisica quantistica, prima della misurazione, le particelle entangled esistono in una sovrapposizione di stati possibili. Questo significa che non hanno un valore definito per certe proprietà (come posizione o spin) fino a quando non vengono misurate. È l’atto della misurazione che «collassa» la funzione d’onda, determinando uno stato specifico per le particelle. In questo contesto, l’indeterminismo intrinseco della fisica quantistica afferma che gli stati delle particelle non sono predeterminati prima della misurazione.
L’analogia delle scarpe può aiutare a visualizzare come la conoscenza dello stato di un oggetto possa rivelare immediatamente lo stato di un altro oggetto connesso. Tuttavia, ha delle limitazioni significative. Mentre le scarpe sono oggetti classici con stati determinati anche prima dell’osservazione, le particelle quantistiche non hanno stati definiti fino al momento della misurazione. Questo indeterminismo intrinseco, dove le particelle esistono in una sovrapposizione di stati, è una caratteristica fondamentale dell’interpretazione di Copenaghen.
Quindi, mentre l’analogia delle scarpe può illustrare l’interconnessione e la rivelazione istantanea di informazioni, essa non cattura la natura intrinsecamente probabilistica e la sovrapposizione degli stati che caratterizzano l’entanglement quantistico secondo l’interpretazione di Copenaghen. Nell’entanglement, lo stato di ciascuna particella si palesa solo dopo la misurazione, evidenziando un livello di indeterminismo che l’analogia delle scarpe, con i loro stati predeterminati, non può completamente rappresentare.
In SO, la contraddizione C concettualizza la dialettica tra finito e infinito. Questa contraddizione, che emerge da un isolamento semantico, implica che il finito è sempre incompleto e aperto a ulteriori determinazioni. La contraddizione C evidenzia la mancanza di strutture logico-semantiche utili per risolvere completamente il problema; da qui si può asserire con una certa sicurezza che in SO il significato è insaturabile: ogni significato finito è parte di un processo infinito di aggiunta di nuove determinazioni necessarie (note come costanti). Tale insaturabilità del significato, quindi, riflette una realtà in cui ogni determinazione è sempre parziale e aperta all’infinito.
Abbiamo visto che l’approccio di Copenaghen alla fisica quantistica, con il suo indeterminismo intrinseco, introduce un elemento di incertezza: prima della misurazione, lo stato delle particelle è indeterminato e descritto da una sovrapposizione di stati. È solo l’atto di misurazione che determina uno stato specifico, facendo collassare la funzione d’onda. Questo porta a una visione della realtà quantistica come intrinsecamente probabilistica e non completamente determinata prima dell’osservazione, avvalorando la realtà del caso all’interno dei fenomeni quantistici.
Un punto di contatto tra la teoresi severiniana e l’approccio di Copenaghen può essere trovato nell’insaturabilità del significato e nell’indeterminismo epistemico. La contraddizione C implica che il finito non può mai essere completamente determinato, poiché è sempre aperto a nuove determinazioni. Analogamente, l’approccio di Copenaghen postula che lo stato delle particelle non è determinato fino alla misurazione, riflettendo un’indeterminazione epistemica che può essere vista come una manifestazione della nostra conoscenza limitata e della natura insaturabile del significato — sebbene per alcuni l’indeterminismo quantistico abbiamo una natura ontologica, quindi avulsa da qualsiasi mancanza di conoscenza; per tale motivo il punto di contatto rimane tale se lo status dell’indeterminazione è epistemico.
Tuttavia e per l’appunto, esistono anche divergenze significative. Secondo Severino, la necessità ontologica implica che ogni evento e determinazione è parte della struttura originaria della verità, dove tutto è necessario e interconnesso. Non c’è spazio per la contingenza o l’indeterminismo assoluto nell’essere. L’indeterminismo intrinseco della fisica quantistica, come proposto dall’approccio di Copenaghen, sembra contraddire questa visione, postulando che lo stato delle particelle non è determinato ontologicamente prima della misurazione.
Nell’ottica della verità originaria e della necessità, anche i fenomeni quantistici e le loro interpretazioni rientrano nella struttura totale dell’apparire dell’essere. La contraddizione C, come manifestazione dell’incompletezza e dell’apertura infinita del finito, può fornire un quadro per comprendere l’indeterminismo quantistico come una forma di insaturabilità del significato. Questo indeterminismo (epistemico) non contraddice la necessità ontologica, ma riflette la nostra conoscenza limitata e la continua rivelazione di nuove determinazioni necessarie.
L’approccio di Copenaghen — dal versante epistemico — può essere visto come un’espressione dell’insaturabilità del significato, dove l’atto di misurazione rivela uno stato tra molti possibili, aggiungendo determinazioni necessarie al nostro sapere finito. In questo senso, l’indeterminismo epistemico della fisica quantistica può essere compatibile con la struttura originaria della verità di Severino, se inteso come una manifestazione della contraddizione C e dell’insaturabilità del significato.
Possiamo asserire consci della natura comunque superficiale della presente analisi che, sebbene vi siano divergenze tra la teoresi severiniana e l’approccio di Copenaghen, esistono — in ottica epistemica — anche punti di contatto significativi. Entrambe le visioni possono essere integrate riconoscendo che i fenomeni quantistici e le loro interpretazioni rientrano nella struttura necessaria della verità originaria, riflettendo l’insaturabilità del significato e la continua rivelazione delle determinazioni necessarie nel processo infinito di comprensione dell’essere.
L’isolamento semantico tra L-immediatezza e F-immediatezza può essere anche inteso come la radice dell’indeterminismo intrinseco della fisica quantistica, in particolare secondo l’interpretazione di Copenaghen. Quando queste due dimensioni vengono separate, si crea l’illusione che i fenomeni possano esistere indipendentemente dalle loro determinazioni logiche, aprendo la strada all’indeterminismo e alla contingenza. Nell’interpretazione di Copenaghen, lo stato delle particelle non è determinato fino all’atto della misurazione, suggerendo che l’apparire fenomenologico delle particelle non sia legato in modo necessario alle loro determinazioni logiche. Questo isolamento porta alla percezione che gli stati delle particelle siano indeterminati prima della misurazione, mentre in realtà, secondo necessità, ogni evento è già parte della struttura necessaria dell’essere.
Questo isolamento semantico introduce anche l’idea del caso assoluto all’interno dell’approccio probabilistico imposto dalla fisica quantistica, poiché separa la verità logica dalla manifestazione fenomenologica, creando l’apparenza che gli eventi possano avvenire senza relazione necessaria con il resto delle determinazioni. La negazione della necessità emerge quindi da questo isolamento, poiché permette di pensare che gli eventi possano essere contingenti e non necessari. Tuttavia, nella struttura originaria della verità, ogni ente e ogni evento è parte di una totalità necessaria e interconnessa, dove non c’è spazio per la contingenza o il caso assoluto.
L’illusione del caso assoluto e dell’indeterminismo intrinseco nasce dal pensare che i fenomeni possano esistere senza una determinazione necessaria, ma ciò — sappiamo — è il risultato dell’isolamento semantico tra L-immediatezza e F-immediatezza. Riconoscere l’unità di queste due dimensioni permette di superare l’illusione della progettualità sottesa alla contingenza e di vedere ogni evento come parte della necessità. In questo modo, anche i fenomeni quantistici e le loro interpretazioni rientrano (come negazione della verità originaria) nella struttura totale dell’essere, riflettendo l’insaturabilità del significato e la continua rivelazione delle determinazioni necessarie nel processo infinito di comprensione dell’essere.
Severino, attraverso il suo rigore teoretico, in SO introduce il concetto Γ per mostrare cosa accade quando si isolano L-immediatezza e F-immediatezza. Questo concetto evidenzia le problematiche che emergono dall’isolamento semantico tra queste due dimensioni, sottolineando l’importanza della loro unitarietà come momenti di un’unica verità. Rammentiamo che l’isolamento di L-immediatezza e F-immediatezza crea una frattura che porta a concepire le determinazioni come separate dai loro contesti fenomenologici o logici, rispettivamente.
Quando si propende maggiormente per la L-immediatezza, si cade nell’idealismo (primalità del pensiero), dove si enfatizza la verità logica delle determinazioni a scapito del loro apparire fenomenologico. Questo approccio porta a considerare le determinazioni come assolute e indipendenti dal contesto fenomenologico in cui appaiono, creando una rigidità che non riconosce la complessità del reale. D’altra parte, una maggiore propensione per la F-immediatezza conduce al realismo (primalità dell’oggetto come esterno, separato), dove si enfatizza l’apparire fenomenologico a scapito della verità logica. Questo porta a considerare le esperienze fenomenologiche come indipendenti dalle strutture logiche che le determinano, creando un’apertura alla contingenza e all’indeterminismo.
Severino mostra che entrambe queste posizioni sono frutto di un isolamento semantico che non riconosce l’unità fondamentale tra L-immediatezza e F-immediatezza. Il concetto Γ illustra come l’isolamento di queste dimensioni porta a una contraddizione dialettica. Questa contraddizione non può essere assolutamente risolta isolando ulteriormente le determinazioni, ma deve essere riconosciuta e integrata nella totalità originaria della verità, dove ogni ente è parte di una struttura necessaria e interrelata.
Nell’ottica della verità originaria e della necessità, sappiamo che anche i fenomeni quantistici e le loro interpretazioni rientrano nella struttura totale dell’essere. Abbiamo visto che la contraddizione C, come manifestazione dell’incompletezza e dell’apertura infinita del finito, può fornire un quadro per comprendere l’indeterminismo quantistico come una forma di insaturabilità del significato. Questo indeterminismo non contraddice la necessità ontologica dell’essere, ma riflette la comprensione progressiva della verità. Riconoscere l’unità di L-immediatezza e F-immediatezza permette di superare l’illusione della contingenza e del caso assoluto e di vedere ogni evento come parte di una struttura necessaria e interconnessa.
Nelle opere di Severino, l’isolamento semantico viene criticato come l’essenza dell’errore. Questo isolamento è ciò che egli fa ricadere nel «concetto astratto dell’astratto», ovvero la posizione della parte come isolata dal tutto di cui è parte.
In SO la posizione di ogni significato implica la posizione del suo contraddittorio e dell’intero campo semantico mentre la determinatezza del significato coimplica la determinatezza dell’intero campo semantico — Francesco Berto chiama quest’ultima asserzione Principio dell’Olismo Semantico —. Nel linguaggio severiniano, ogni significato è parte di una totalità interconnessa e la manifestazione di un significato implica necessariamente (L-immediatamente) l’apparire dell’intero. Questo implica che l’isolamento di un significato dal suo contesto è intrinsecamente contraddittorio, poiché nega la relazione necessaria del significato con l’intero. La critica dell’isolamento semantico e la valorizzazione dell’unità dialettica delle determinazioni sono quindi fondamentali per comprendere la complessità e la necessità ontologica del reale, superando le riduzioni idealistiche e realistiche e riconoscendo ogni evento come parte di una struttura necessaria e interconnessa. A questo punto possiamo asserire che all’interno di un indeterminismo epistemico è possibile trovare una strada per la conciliazione tra significati originari e fenomeni quantistici riportando la loro interpretazione su un piano concreto dell’astratto. Ciò esclude categoricamente che ciò che sembra apparire nei fenomeni quantistici abbia un rilievo ontologico. Di fatto in questo secondo caso la logica dei fenomeni quantistici risulta, in accordo con molti scienziati, controintuitiva (un mistero). Al contrario in un’ottica dialettica il mistero svanisce e la sua comprensione si dipana sul piano concreto dell’astratto, cioè, considerando il fenomeno in sé non isolato dalle sue determinazioni necessarie.