Tempo
fa mi concentrai sul concetto noto ai logici come "implicazione". Si
premette che questo viaggio sarà compiuto attraverso la potente
navicella, frutto degli studi di B. Russell, datata 1903 e intitolata “I principi della matematica”.
Esistono
due tipologie di implicazione, talvolta ambedue indicate con una
freccia. I più accorti però sono attenti a questa importante distinzione
e utilizzano simboli differenti per ognuna di esse.
La prima è l’implicazione materiale indicata solitamente con: “→”; la seconda è l’implicazione logica o formale indicata con: “⇒”.
Russel sostiene che l’implicazione materiale si ha quando i termini che la costituiscono, ad esempio p e q in “p → q”
sono proposizioni. Questo vale se i suddetti termini sono proposizioni o
vere o false “una volta per tutte”, cioè non contengono al loro interno
ciò che Peano ha chiamato variabili reali. Le variabili reali a differenza di quelle apparenti, sempre secondo il Peano, si hanno quando queste non sono vincolate e sono veramente
libere di variare, mentre quelle apparenti anche se compaiono in un
termine non sono vere variabili, non essendo libere di variare. Un
esempio può essere una proposizione contenete una variabile vincolata da
un connettivo esistenziale come per ogni (∀) o esiste (∃).
Russell
nella sua opera ci dona una feconda analogia per comprendere
definitivamente questa semplice distinzione. Egli ci invita a pensare ad
un integrale definito (in analisi matematica), che, seppur contenendo
come integranda una funzione della variabile, il risultato non viene a
dipendere da quest’ultima. Ecco che asserisce allora che “x è un uomo”
non è un a proposizione in quanto quest’ultima deve essere
definitivamente o vera o falsa. Presa così com’è la frase non è né vera
né falsa, dipendendo questi valori di verità dalla variabile x, libera
di assumere qualsivoglia valore. Si è soliti definire una frase che
contiene variabili libere (almeno una) come una funzione proposizionale.
Se
però assegniamo alla x un valore costante qualsiasi allora la frase
diventa una proposizione, nel caso contrario la sua utilità risiede solo
nella forma schematica che rappresenta e non di più. Un esempio di
valore costante da sostituire alla x è, ad esempio, Socrate e cioè: “Socrate è un uomo” che adesso diventa una proposizione ragionevolmente vera.
Russel
allora ci fa ragionare sulla giustapposizione del connettivo
esistenziale "per ogni" in una implicazione che contiene la nostra
funzione proposizionale: “x è un uomo”. Dicendo “x è un uomo implica che x è mortale per tutti i valori di x (per ogni x) non si afferma una singola implicazione ma una classe di implicazioni tutte definite su variabili apparenti in quanto la x è assorbita dal connettivo "per ogni".
Nella sua opera (Russel, 1933, p. 33) Russel ci fornisce un importante
indizio che aiuta nella distinzione tra implicazione formale e
materiale: la prima vale tra funzioni proposizionali quando una implica
l’altra per tutti i valori della variabile. Su questo punto ci si
tornerà quando si introdurrà l’isomorfismo tra l’implicazione e alcune operazioni della teoria degli insiemi.
Il problema è molto insidioso poiché talvolta le due implicazioni vengono confuse generando degli errori.
Un possibile equivoco si basa sulla differente interpretazione che si può dare al termine Socrate in “Socrate è un uomo”. Di fatto comunemente si utilizza il termine Socrate come variabile per indicare qualsiasi uomo come Socrate. In realtà la vera accezione è che Socrate sia Socrate, cioè un termine costante. Dire “Socrate è un uomo, quindi Socrate è mortale” con l’uso normale che se ne fa nella lingua del quindi significa asserire la verità dell’ipotesi e la verità della conseguenza. Al contrario se al posto di quindi si utilizza implica e cioè: “Socrate è un uomo, implica Socrate è mortale” sembra che questa restrizione non debba esserci. Allora, in questo caso, se consideriamo Socrate
come variabile, si può sostituire ad esso non solo qualsiasi uomo, ma
qualsiasi altro ente. In definitiva si hanno due possibilità che
generano l’equivoco: se si utilizza il termine Socrate come variabile per indicare qualsiasi uomo come Socrate ci troviamo innanzi ad una implicazione formale. Quindi la nostra: “Socrate è un uomo, implica Socrate è mortale” è di fatto una implicazione materiale che però viene trattata come formale.
Riassumendo, si ha che:
- nell’implicazione materiale i costituenti p e q sono proposizioni;
- p e q sono proposizioni se non contengono variabili reali (secondo la definizione di Peano)
- se in un temine compare una variabile reale esso rappresenta una funzione proposizionale
- una funzione proposizionale non è né vera né falsa, il valore di verità dipende dalla variabile
- una implicazione formale è una funzione proposizionale dove il primo termine implica l’altro (entrambe dipendenti da variabili) e la variabile è vincolata (per ogni x)
Quindi “Socrate è un uomo, implica Socrate è mortale” è una implicazione formale che richiede per essere vera la verità di entrambe le proposizioni.
L’implicazione
materiale al contrario non mette in relazione due termini che hanno
connessioni causali cosicché “2 è dispari → Roma è la capitale d’
Italia” risulta essere vera.
L’implicazione materiale è considerata un connettivo vero-funzionale in quanto il suo valore di verità è completamente funzione dei termini che lo compongono.
A questo punto è possibile fornirne una tavola di verità:
p q →
T T → T
T F → F
F T → T
F F → T
(Tavola di verità dell’implicazione materiale)
Secondo Russell considerando l’implicazione materiale:
- le proposizioni false implicano tutte le proposizioni;
- le proposizioni vere sono implicate da tutte le proposizioni;
- tra due proposizioni qualsiasi ve ne sarà sempre una che implica l’altra;
Considerando la tavola di verità, se p implica q si nota che:
- sono entrambe false o entrambe vere;
- o p è falsa e q è vera;
- non è possibile avere q falsa e p vera;
- è necessario avere q vera o p falsa;
Detto
ciò, per comprendere appieno le differenze tra i due tipi di
implicazione è comprenderne quindi il profondo significato evitando
equivoci e conseguenti errori, bisogna introdurre una sorta di
corrispondenza tra la logica elementare e la teoria degli insiemi
(isomorfismo) cioè tra i connettivi logici e gli operatori booleani che
agiscono su insiemi di elementi.
La corrispondenza si attua dati due insiemi A e B e date due proposizioni p e q come segue (Bellissima, 2008, p. 45):
· p : “x appartiene ad A”;
· q ; “x appartiene a B”;
Si
premette che, come per i connettivi logici vero-funzionali è possibile
stabilire tavole di verità univoche, si può pensare a tavole di
appartenenza per gli operatori booleani sugli insiemi.
Detto
ciò, per comprendere appieno le differenze tra i due tipi di
implicazione è comprenderne quindi il profondo significato evitando
equivoci e conseguenti errori, bisogna introdurre una sorta di
corrispondenza tra la logica elementare e la teoria degli insiemi cioè
tra i connettivi logici e gli operatori booleani che agiscono su insiemi
di elementi.
La corrispondenza si attua dati due insiemi A e B e date due proposizioni p e q come segue (Bellissima, 2008, p. 45):
· p : “x appartiene ad A”;
· q ; “x appartiene a B”.
Quindi dalle nostre due definizioni possiamo derivare:
- la proposizione “x appartiene ad A ∩ B” è vera quando p è vera e q è vera;
- la proposizione “x appartiene ad A ∪ B” è vera quando p è vera o q è vera;
- la proposizione “x appartiene ad Ac” quando non è vera p;
(Ac è il negato insiemistico di A)
Per essere precisi la completa corrispondenza si ha introducendo i nomi individuali al posto dei connettivi logici e, o, non. Questi sono scritti con ∧,∨ ,¬, rispettivamente.
Secondo
tale corrispondenza si può far risalire la distinzione tra i due tipi
di implicazione a quella tra due particolari operazioni tra insiemi e
cioè: Ac ∪ B e A ⊆ B che indica che A ∩ Bc = ∅; Ac è il negato di A e Bc
è il negato di B.
Il primo caso è indicato nella figura a) in basso.
Nel secondo caso - vedi figura b) - si indica il concetto di inclusione (impropria) e quindi che non esistono punti (chiamiamoli x) che appartengono ad A ma non B. Questo caso è equivalente all’implicazione formale
che è vera se entrambe i termini sono veri: se x appartiene ad A e x
appartiene a B. Se così non fosse vi sarebbero delle x che non
apparterrebbero a B ma apparterrebbero ad A e questo è il caso in cui
non si ha inclusione di A in B.
L’implicazione
materiale è invece esemplificata dalla figura precedente a quest’ultima
in quanto si da il caso che vi è un x che non appartiene a B ma
appartiene ad A e questo è ciò che falsifica l’implicazione materiale
stessa. Di fatto la corrispondenza, per quanto riguarda l’implicazione
materiale si ha tra: Ac ∪ B e ¬ p ∨ q. “¬ p” è quella proposizione che può essere definita come “x non appartiene ad A” mentre q è come sappiamo è “x appartiene a B”. Quindi l’implicazione è vera nella zona rossa, mentre è falsa in quella bianca delle figure a) e b) riportate sotto, rispettivamente.
Per
l’implicazione formale conosciuta anche come implicazione logica,
valida per i ragionamenti deduttivi in cui si da il caso che da ipotesi
vere non possono conseguire tesi false, la parte bianca non esiste
affatto quindi non si da mai il caso di A senza B.
Invece per l’implicazione materiale, quella per altro importante,
secondo Russell, per i fondamenti della matematica, semplicemente tale
caso porta alla falsificazione dell’implicazione, che per altro è
l’unico caso in cui questo accade essendo negli altri sempre vera, come
si può constatare dalla tavola di verità.
In definitiva l’implicazione logica o formale è il caso in cui l’implicazione materiale è sempre vera.
Ritornando alla questione posta da Russell sulla presenza di un per ogni che vincola una variabile in una funzione proposizionale si può dimostrare che:
A ⊆ B
- ⇔ (x ∈ A ⇒ x ∈ B) (implicazione formale)
- ⇔ ∀x (x ∈ A → x ∈ B)
- ⇔ ∀x (x ∋ A ∨ x ∈ B)
- ⇔ ¬∃x ( x ∈ A ∧ x ∋ B)
- ⇔ ¬∃x ( x ∈ A ∩ Bc)
- ⇔ (A ∩ Bc = ∅).
Le righe precedenti sono da considerarsi equivalenti essendo introdotte da una doppia implicazione.
Le
prime due indicano come è possibile esprimere l’implicazione formale
tramite l’implicazione materiale e si nota per tanto che la presenza del
simbolo → richiede che sia presente il connettivo ∀ che sappiamo
indicare “per ogni” (∀).
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Bibliografia
B. Russel, I princìpi della matematica, Newton Compton Editori, Roma, 2008, Capitoli I,II
F. Bellissima, Fondamenti di Matematica, Carocci, Roma, 2008
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P:S.
Questo è uno scritto che risale a molti anni fa, cioè all'inizio dei
miei studi, quando ancora non conoscevo molto della filosofia, compreso
il pensiero di Emanuele Severino.
Rileggendolo,
mi rendo sempre più conto di quanto il pensiero di Severino, nella sua
essenza, abbia toccato qualsiasi ambito e forse - dico forse - intuisco
perché egli ha tanto insistito sulla "coincidenza" tra F-immediatezza e
L-immediatezza (immediatezze fenomenologica e logica, rispettivamente).
Ci devo ancora riflettere a fondo. Lo stesso vale per i concetti di
"concreto", "astratto", "concetto concreto dell'astratto" e soprattutto
"concetto astratto dell'astratto".
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