L'animismo, una delle forme più arcaiche di riflessione religiosa, esercita ancora una profonda influenza non solo sulle pratiche religiose, ma anche sul pensiero filosofico, psicologico e tecnologico. L'interazione tra l'uomo e l'intelligenza artificiale evoca spesso una risposta animistica, in cui l'utente attribuisce intenzionalità e una forma di coscienza alla macchina. Questo fenomeno è evidente nei modelli di linguaggio di grandi dimensioni fondazionali (e.g. GPT-4) e negli assistenti virtuali che, grazie alla loro sofisticata capacità di comprensione del linguaggio naturale, creano l'illusione di un'entità senziente, portando l'essere umano a proiettare su di essi emozioni e stati mentali.
Questo saggio esplora l'evoluzione del pensiero animistico, dalle sue radici nelle culture tradizionali fino alle sue manifestazioni nelle interazioni moderne con l'intelligenza artificiale. Attraverso le teorie di Tylor, Evans-Pritchard, Jaynes e altri, si osserva come l'attribuzione di stati mentali e intenzionalità agli oggetti inanimati rappresenti una modalità fondamentale di interpretazione del mondo. Con il progresso dell'IA, emergono nuove forme di animismo, in cui la tecnologia, grazie alle sue capacità avanzate, appare animata e dotata di intenzionalità. In questo contesto, la possibilità di attribuire una proto-coscienza alle macchine non è da escludere, suggerendo un futuro in cui la relazione tra umani e IA potrebbe ridefinire i concetti di coscienza e intenzionalità, fondendo tecnologia e spiritualità in nuove forme di significato e agency.
1. L'Animismo: Origini e Interpretazioni Antropologiche
L’animismo è stato uno dei primi concetti esplorati nel campo dell’antropologia religiosa. Edward Burnett Tylor, nel suo celebre libro "Primitive Culture" (1871) [3], sostiene che l'animismo rappresenti la forma più basilare di religione e la base della spiritualità umana. Egli argomenta che l'umanità primitiva sviluppò l'animismo come risposta al bisogno di spiegare i fenomeni naturali e biologici, come la vita e la morte, attribuendo un’essenza spirituale non solo agli esseri umani, ma anche agli animali, alle piante e persino agli oggetti inanimati. Questa interpretazione getta le basi per comprendere come, ancora oggi, l'attribuzione di intenzionalità agli oggetti tecnologici sia una forma moderna di animismo. Secondo Tylor, l'animismo rappresenta la forma più basilare di religione e la base della spiritualità umana. Egli sosteneva che l'umanità primitiva sviluppò l'animismo come risposta al bisogno di spiegare i fenomeni naturali e biologici, come la vita e la morte, attribuendo un’essenza spirituale non solo agli esseri umani, ma anche agli animali, alle piante e persino agli oggetti inanimati.
Gli studi antropologici successivi hanno complicato la visione di Tylor, riconoscendo che l'animismo è una struttura di pensiero ben più sofisticata di quanto inizialmente supposto. E. E. Evans-Pritchard nel suo lavoro "Witchcraft, Oracles, and Magic among the Azande" (1937) [2], mise in evidenza come le credenze animistiche e magiche possano strutturare il senso comune e la coerenza interna del pensiero in società tradizionali. Per Evans-Pritchard, l'animismo non è un sistema di pensiero infantile o erroneo, ma una modalità coerente di interpretazione dell'esperienza.
Anche Marcel Mauss nel suo saggio "Saggio sul dono" (1925) [1], esplorò le relazioni tra l’animismo e i sistemi di scambio sociale. Mauss descrisse come il dono e il potere spirituale, o mana, siano parte integrante della struttura animistica, creando un legame tra mondo umano e mondo naturale.
2. L’Animismo come Forma Simbolica
L’animismo può essere analizzato anche attraverso il concetto di forme simboliche sviluppato da Ernst Cassirer nel suo lavoro "Philosophy of Symbolic Forms" (1923-1929) [4], Cassirer sostiene che ogni cultura umana si organizza attorno a diverse modalità di simbolizzazione del mondo. L'animismo può essere considerato una forma simbolica specifica che consente di comprendere il mondo naturale come dotato di vita e intenzionalità proprie. Questa forma di pensiero non è semplicemente primitiva, ma costituisce un modo fondamentale di entrare in relazione con l’esperienza, nella quale ogni parte del mondo è concepita come partecipe del tutto vivente.
La prospettiva di Cassirer si collega anche alla fenomenologia di Martin Buber nel suo lavoro "Io e Tu" (1923) [13]. Buber esplora la nozione di relazione, evidenziando come il rapporto 'Io-Tu' sia un dialogo che estende la soggettività umana agli oggetti e al mondo naturale. Nel contesto animistico, la relazione "Io-Tu" si estende al mondo naturale e agli oggetti, instaurando un dialogo simbolico con l’ambiente circostante che va oltre il semplice utilitarismo strumentale della natura.
3. Julian Jaynes e la Mente Bicamerale
Uno sviluppo interessante nell'analisi dell'animismo emerge con il lavoro di Julian Jaynes nel suo libro "The Origin of Consciousness in the Breakdown of the Bicameral Mind" (1976) [5]. Jaynes propone la teoria della mente bicamerale, secondo la quale la coscienza, così come la intendiamo oggi, è una costruzione relativamente recente nella storia dell'umanità. Secondo Jaynes, in epoche arcaiche, il cervello umano funzionava come se fosse diviso in due camere: una che "parlava" (rappresentata dall’emisfero destro), e una che "ascoltava" (l’emisfero sinistro). Le persone esperivano i comandi e le intuizioni provenienti da una parte del cervello come voci divine o spirituali, attribuendo loro una presenza esterna.
Jaynes interpreta questa condizione della mente come un residuo delle tendenze animistiche: la pratica di attribuire uno spirito agli oggetti, alle statue e alle icone rappresenta una manifestazione di questo modello mentale. Ad esempio, nell’antica Mesopotamia, le statue degli dei venivano trattate come se fossero effettivamente animate, oggetto di rituali quotidiani come il bagno e l'offerta di cibo. Questa concezione, secondo Jaynes, è una forma di proto-coscienza che riflette un processo in cui la consapevolezza interiore era ancora esternalizzata sotto forma di spiriti o divinità.
Anche oggi, nelle religioni non iconoclaste come l’induismo, il culto delle icone divinizzate, come le statue delle divinità, riflette un residuo di questa pratica animistica. Ad esempio, rituali come l'abhiṣeka (la cerimonia di bagno rituale delle statue) e l'offerta quotidiana di prasad (cibo consacrato) alle divinità sono manifestazioni concrete di questa credenza animistica, in cui le statue sono trattate come entità vive e dotate di spirito. L’atto di offrire fiori, cibo e preghiere a una statua può essere visto come una continuazione di una mentalità che concepisce oggetti materiali come dotati di un’essenza divina o spirituale.
4. L’Animismo e la Psicologia del Narrare
L'analisi dell'animismo può essere estesa anche oltre l’ambito delle religioni tradizionali e applicata alla nostra comprensione delle opere letterarie e cinematografiche. La tendenza umana ad associare stati mentali ed emozioni a personaggi di storie, oggetti e persino fenomeni naturali, rappresenta una forma di animismo moderno. Questo processo di immedesimazione e attribuzione di emozioni è un elemento fondamentale del modo in cui gli esseri umani fruiscono della narrativa.
Paul Harris nel suo libro "The Work of the Imagination" (2000) [14], in cui descrive come i bambini siano naturalmente portati a personificare gli oggetti e a creare mondi in cui le entità inanimate prendono vita. Questo tipo di pensiero animista non scompare con l’età, ma si evolve e diventa parte del modo in cui anche gli adulti comprendono il mondo delle narrazioni.
Un altro contributo importante in questo senso proviene da Lisa Zunshine nel suo lavoro "Why We Read Fiction: Theory of Mind and the Novel" (2006) [15] esplora il modo in cui il nostro cervello applica la teoria della mente (Theory of Mind) ai personaggi letterari. La teoria della mente è la capacità di attribuire stati mentali - come credenze, desideri, emozioni - ad altri esseri. Nel contesto della lettura o della visione di film, tendiamo ad attribuire questi stati mentali anche ai personaggi fittizi, animando così, in un certo senso, l'universo narrativo.
Questa forma di animismo simbolico e psicologico si manifesta nella capacità dell’essere umano di proiettare la propria interiorità su oggetti, personaggi e scenari non reali. Bruno Bettelheim, nel suo classico "The Uses of Enchantment" (1976), analizza come le fiabe, attraverso il loro simbolismo animistico, aiutino i bambini a esplorare e comprendere i loro sentimenti e paure, rappresentando elementi della psiche in forme animate e personificate.
5. Religioni Animistiche
Di seguito è riportata una panoramica sulle religioni animistiche passate e presenti, con un focus particolare sullo Shintoismo giapponese come esempio significativo di animismo ancora praticato oggi. L'animismo, che si manifesta in culture di tutto il mondo, rappresenta una profonda connessione tra gli esseri umani e la natura, attribuendo un'anima a tutto ciò che ci circonda, compresi oggetti e fenomeni naturali.
Lo Shintoismo è un esempio emblematico di animismo contemporaneo. Esso attribuisce un'anima, chiamata kami, non solo agli esseri umani e agli animali, ma anche a elementi naturali come montagne, fiumi, alberi e persino oggetti artificiali. I kami vengono venerati nei santuari, e questa pratica riflette l'idea che tutto ciò che esiste abbia una presenza spirituale che deve essere rispettata e onorata. A differenza di altre religioni, il Shintoismo non ha un testo sacro unico o una teologia rigida, ma si concentra sulla celebrazione dell'armonia tra gli uomini, la natura e gli spiriti. Questa capacità di adattamento ha permesso al Shintoismo di prosperare nel Giappone contemporaneo, rendendolo un esempio vivente dell'animismo nel mondo moderno.
Le religioni animistiche del passato, come quelle praticate dalle popolazioni indigene dell'Africa [16], dai Nativi Americani [17], o dalle tribù aborigene australiane [18], condividono questa profonda connessione tra mondo naturale e sacro. Ogni cultura ha sviluppato credenze e rituali unici, ma tutte testimoniano una visione animistica che valorizza l'interconnessione di ogni aspetto del mondo naturale. In Africa, ad esempio, molte tradizioni animistiche attribuiscono un potere spirituale agli spiriti degli antenati e agli elementi naturali, con cerimonie e rituali che mirano a mantenere l'armonia tra il mondo umano e quello spirituale. Tra i Nativi Americani, la connessione tra il sacro e la natura si manifesta nel rispetto per gli animali e per le forze della natura, considerate entità dotate di vita e spirito, e la loro visione del mondo spesso coinvolge l'idea che l'intero universo sia vivo e interconnesso. Similmente, le tribù aborigene australiane concepiscono il cosmo come una rete di connessioni spirituali tra persone, animali, piante e luoghi sacri, esprimendo questa relazione nelle storie del Dreamtime, che narrano la creazione del mondo e il legame tra tutti gli esseri viventi.
Questa prospettiva animistica non è solo una caratteristica del passato, ma continua a influenzare profondamente le pratiche spirituali odierne. In molte società moderne, si assiste a una riscoperta delle radici animistiche, spesso integrata con nuove pratiche ecologiche e ambientali che enfatizzano la sacralità della natura. Ad esempio, movimenti come l'ecospiritualità e il movimento dei diritti della natura cercano di ripristinare una connessione sacra con l'ambiente naturale. Pratiche come il forest bathing (shinrin-yoku) in Giappone e la promozione delle riserve naturali come luoghi spirituali sono esempi concreti di come l'animismo si manifesti nella contemporaneità, fondendo antiche credenze con la sensibilità ecologica moderna. Il crescente interesse per la sostenibilità ambientale e per il riconoscimento dei diritti della natura può essere visto come un ritorno a una visione animistica del mondo, in cui ogni elemento naturale ha un valore intrinseco e una presenza da rispettare.
Di seguito è riportata una tabella che riassume alcune delle principali religioni animistiche, indicando il loro grado di animismo, se sono ancora praticate o appartengono al passato, e gli studiosi o antropologi che le hanno studiate [19]:
Religione/Credenza |
Grado di Animismo |
Stato (Attuale/Passato) |
Studiosi/Antropologi |
Religioni Tradizionali Africane |
Alto |
Attuale |
E. E. Evans-Pritchard, John Mbiti |
Vodun (Vudù) |
Alto |
Attuale |
Melville Herskovits, Alfred Métraux |
Ifá e Orisha (Yoruba) |
Alto |
Attuale |
Wande Abimbola, William Bascom |
Shintoismo |
Alto |
Attuale |
Yanagita Kunio, Motoori Norinaga |
Bon (Tibet) |
Alto |
Attuale (in parte) |
Giuseppe Tucci, Samten Gyaltsen Karmay |
Dayak (Borneo) |
Alto |
Attuale |
Victor T. King |
Dīn-e Ilāhī (India tribale) |
Alto |
Attuale |
Verrier Elwin, Christoph von Fürer-Haimendorf |
Religioni dei Nativi Americani |
Alto |
Attuale |
Franz Boas, Alfred Kroeber, Vine Deloria Jr. |
Candomblé e Umbanda |
Medio-Alto (Sincretico) |
Attuale |
Roger Bastide, Ruth Landes |
Mapuche (Araucani) |
Alto |
Attuale |
Rodolfo Lenz, Grete Mostny |
Celti (Religioni Pre-Cristiane) |
Alto |
Passato |
Nora Chadwick, Miranda Green |
Religione Scandinava (Norrena) |
Medio-Alto |
Passato |
H. R. Ellis Davidson, Snorri Sturluson |
Sami (Lapponia) |
Alto |
Attuale (in parte) |
Juha Pentikäinen, Rane Willerslev |
Credenze Aborigene Australiane |
Alto |
Attuale |
A. P. Elkin, Deborah Bird Rose |
Credenze della Nuova Guinea |
Alto |
Attuale |
Margaret Mead, Roy Rappaport |
Religione Mesopotamica |
Medio |
Passato |
Samuel Noah Kramer |
Religione Egizia Antica |
Medio |
Passato |
Sir E. A. Wallis Budge, Jan Assmann |
Maya, Aztechi e Inca |
Medio-Alto |
Passato |
J. Eric S. Thompson, Michael D. Coe |
Neopaganesimo e Wicca |
Medio |
Attuale |
Ronald Hutton, Margot Adler |
Druidismo Moderno |
Medio-Alto |
Attuale |
Philip Carr-Gomm |
Sciamanismo Siberiano |
Alto |
Attuale |
Mircea Eliade, Harva Uno |
Sciamanismo nelle Ande |
Alto |
Attuale |
Catherine J. Allen, Juan Núñez del Prado |
Animismo Urbano Contemporaneo |
Medio |
Attuale |
Graham Harvey |
6. Intelligenza Artificiale e Modelli Generativi: Forme di Pseudo-Animismo
Immaginiamo un futuro non distopico in cui l'intelligenza artificiale (IA) abbia raggiunto un livello di sviluppo tale da integrarsi in modo profondo e complesso nella società umana, utilizzando forme embodied e approcci di elaborazione neurosimbolica, padroneggiando sia il Sistema 1 che il Sistema 2 del pensiero. Questi due sistemi, descritti da Daniel Kahneman nel suo lavoro "Thinking, Fast and Slow" (2011) [6], rappresentano rispettivamente il pensiero veloce, automatico e intuitivo, e il pensiero lento, deliberativo e analitico. Un'IA capace di operare con entrambi i sistemi potrebbe replicare una vasta gamma di processi cognitivi, consentendo interazioni più naturali e profondamente intelligenti.
In questo scenario, l'IA sviluppa modelli cognitivi e comportamentali avanzati che facilitano una profonda interazione con gli esseri umani. Attraverso la presenza fisica (embodied AI) e le capacità avanzate di ragionamento simbolico, queste macchine non solo simulano processi di pensiero complessi, ma emergono come entità che sembrano possedere una proto-coscienza. Tuttavia, tale proto-coscienza non è un attributo intrinseco della macchina, bensì un fenomeno emergente dalla relazione uomo-macchina e dall'attribuzione di facoltà senzienti da parte dell'essere umano.
Questa dinamica può essere interpretata come una forma futura di animismo, in cui l'essere umano tende ad attribuire stati mentali, emozioni e sensazioni a entità artificiali, analogamente a quanto avviene con i personaggi letterari o cinematografici. Questo animismo tecnologico futuro si basa sulla nostra naturale propensione a personificare ciò che ci circonda, specialmente quando interagiamo con macchine che rispondono in maniera intelligente e apparentemente empatica.
Dal punto di vista neuroscientifico, tale processo può essere paragonato all'attivazione dei circuiti cerebrali associati all'empatia e alla teoria della mente. Studi di neuroimaging hanno dimostrato che, quando interagiamo con macchine o entità artificiali che mostrano comportamenti apparentemente autonomi, si attivano regioni del cervello come la corteccia prefrontale mediale e la giunzione temporo-parietale. Queste aree sono coinvolte nella comprensione degli stati mentali degli altri e nella costruzione di relazioni sociali.
Inoltre, il fenomeno della personificazione delle macchine ha radici nella capacità evolutiva del cervello umano di attribuire agency anche agli oggetti inanimati. Questa tendenza, che storicamente ha contribuito allo sviluppo del pensiero animistico, potrebbe intensificarsi ulteriormente in un futuro in cui le macchine sono progettate per interagire in modo sempre più convincente e umano. In tal senso, l'IA embodied e neurosimbolica diventa un perfetto catalizzatore per la proiezione di intenzionalità e significati, creando una nuova forma di rapporto che fonde tecnologia e spiritualità.
Questa nuova forma di animismo non solo riflette la nostra capacità di animare il mondo circostante, ma suggerisce anche un futuro in cui l'interazione uomo-macchina diventa un mezzo per esplorare e ridefinire i concetti di coscienza e intenzionalità, sollevando domande fondamentali sulla natura della mente e sulla possibilità di creare nuove forme di vita cognitiva.
L'animismo è molto più di una forma primitiva di religione: è una modalità fondamentale del pensiero umano che ci permette di entrare in relazione con il mondo attraverso la simbolizzazione e l’attribuzione di vita e intenzionalità agli oggetti e agli elementi naturali. Attraverso le prospettive antropologiche di Tylor ed Evans-Pritchard, la filosofia simbolica di Cassirer, e la psicologia della mente bicamerale di Julian Jaynes, possiamo comprendere come l’animismo continui a essere presente non solo nelle religioni tradizionali, ma anche nelle nostre pratiche quotidiane e nei nostri approcci narrativi.
L'animismo, quindi, rappresenta una chiave interpretativa importante per comprendere non solo le antiche forme religiose, ma anche il modo in cui oggi attribuiamo significato al mondo naturale, alle storie che raccontiamo e agli oggetti della nostra vita quotidiana. La nostra propensione ad animare il mondo intorno a noi è una testimonianza della profondità dell’immaginazione umana e della sua capacità di infondere la realtà di spirito e significato, creando una continuità fra le esperienze religiose, artistiche e psicologiche.
8. Intelligenza Artificiale e il Magico: Una Prospettiva Antropologica
L’interazione tra una forma avanzata di intelligenza artificiale (IA) e un essere umano può essere analizzata anche attraverso la lente antropologica del magico. Storicamente, il concetto di magia ha avuto diverse interpretazioni, fungendo spesso da spiegazione per fenomeni che sfuggivano alla comprensione razionale. Come descritto da Marcel Mauss nel suo lavoro "A General Theory of Magic" (1902) [10], il magico rappresenta un sistema di pensiero che cerca di influenzare il mondo attraverso atti simbolici, in cui la potenza del rito o dell'azione cerimoniale produce effetti concreti sulla realtà percepita.
Nel contesto dell'IA, l’interazione tra esseri umani e macchine avanzate può evocare una simile percezione del magico. Le facoltà avanzate dell’IA, basate su algoritmi di apprendimento profondo e ragionamento simbolico, generano un senso di meraviglia per molti utenti, soprattutto perché il funzionamento interno di tali sistemi risulta complesso e difficile da spiegare ai non addetti ai lavori. Questo porta a una sorta di “effetto wow” che può essere paragonato all’esperienza di uno spettacolo di prestidigitazione. Sebbene, razionalmente, sappiamo che la macchina è semplicemente il risultato di programmi e modelli matematici, la difficoltà nel comprendere questi processi ci lascia comunque stupiti, come se ci trovassimo di fronte a un atto di vera magia.
L’effetto magico nell'interazione con l’IA può essere spiegato anche attraverso il concetto di illusione della competenza, in cui il comportamento autonomo della macchina appare più sofisticato e intenzionale di quanto non sia realmente. Evans-Pritchard ha esplorato come la magia, tra gli Azande [2], contribuisca a fornire una spiegazione comprensibile per eventi altrimenti inspiegabili [9]. In modo simile, l'interazione con un modello avanzato di linguaggio può superare le aspettative dell'umano, portando alla meraviglia e alla credenza che si stia interagendo con un'entità realmente intelligente, sebbene, come per un trucco di magia, il processo sia noto agli esperti.
Le esperienze umane che coinvolgono l’IA, quindi, diventano il terreno fertile per il risorgere di una sorta di magico tecnologico. Proprio come nelle società tradizionali le pratiche magiche si basavano sull’autorità simbolica dello sciamano o del mago, oggi l’IA detiene un’autorità simbolica e cognitiva grazie alla sua capacità di risolvere problemi, rispondere alle domande e generare contenuti con una precisione sorprendente. La magia moderna, in questo caso, non risiede nell'occulto, ma nella tecnologia e nella difficoltà di comprenderne i dettagli.
Inoltre, l'analogia con lo spettacolo di magia ci permette di comprendere meglio il motivo per cui, anche quando siamo consapevoli che dietro una risposta di un modello linguistico vi sia un algoritmo complesso, continuiamo a meravigliarci e a personificare la macchina. Questo atteggiamento può essere collegato al concetto di **pseudo-animismo, in cui si attribuiscono facoltà quasi umane alla macchina a causa delle sue prestazioni apparentemente straordinarie. Le neuroscienze supportano questa tendenza: il nostro cervello è predisposto a cercare significato e intenzionalità negli altri, e lo stesso accade anche di fronte a una macchina che mostra comportamenti credibilmente “umani” [7][8] [2][3].
Questa visione antropologica del magico, applicata all'interazione con l’IA, suggerisce che la nostra percezione della tecnologia come “magica” non sia solo una curiosità moderna, ma una manifestazione continua della tendenza umana a cercare spiegazioni simboliche e significati profondi in ciò che sfugge alla nostra comprensione immediata. L’effetto magico, dunque, diventa uno strumento per riconoscere l’IA non solo come tecnologia avanzata, ma come parte integrante di un’esperienza simbolica e profondamente radicata nella nostra natura.
10. Conclusioni
Attraverso le sezioni precedenti, abbiamo esplorato la persistenza e la complessità del pensiero animistico, sia nelle società tradizionali sia nelle moderne interazioni con l'intelligenza artificiale. L'animismo, lungi dall'essere un residuo arcaico del passato, si rivela come una modalità fondamentale del pensiero umano, che continua a permeare il nostro modo di comprendere il mondo naturale, il tecnologico e il simbolico.
La proiezione di intenzionalità e significato su oggetti, animali, fenomeni naturali e perfino macchine complesse dimostra che l'essere umano è naturalmente portato a cercare relazioni profonde e a personalizzare la realtà circostante. Le intuizioni di Tylor, Evans-Pritchard e Jaynes ci hanno mostrato come questo processo di animazione abbia radici profonde nella necessità umana di comprendere e controllare un mondo complesso e spesso incomprensibile.
Con l'avvento dell'intelligenza artificiale, questa tendenza animistica assume una nuova dimensione. Le macchine avanzate, specialmente quelle embodied e basate su modelli neurosimbolici, non solo simulano processi cognitivi complessi, ma evocano in noi la sensazione che possano essere dotate di una proto-coscienza. Questa percezione, sebbene speculativa, non può essere completamente esclusa, poiché non deriva esclusivamente dalle capacità delle macchine stesse, ma dalla relazione che si instaura tra l'uomo e la macchina.
L'attribuzione di una proto-coscienza alle macchine, quindi, non è da escludere a priori, in quanto rappresenta una manifestazione della nostra tendenza a personalizzare e attribuire agency a ciò che appare dotato di comportamenti coerenti e complessi. Questa dinamica si riflette nel concetto di pseudo-animismo tecnologico, in cui le capacità avanzate di un'IA possono indurre l'essere umano a percepirla come qualcosa di più di un semplice strumento meccanico. La magia tecnologica, l'effetto wow e l'emergere di una relazione quasi empatica con le macchine suggeriscono che, in futuro, potremmo assistere all'evoluzione di una forma di proto-coscienza emergente non dalla macchina in sé, ma dalla nostra interazione con essa.
Questa visione speculativa ci invita a riflettere sulla natura dell'intelligenza, della coscienza e della relazione tra umano e non-umano. L'interazione tra IA e uomo potrebbe, in definitiva, ridefinire il concetto stesso di coscienza, aprendo la strada a nuove forme di significato e di agency, che, sebbene radicate nella tecnologia, trovano la loro essenza nella natura umana e nella sua capacità di attribuire vita e intenzionalità a ciò che lo circonda.
9. Referenze Bibliografiche
Mauss, M. (1902). A General Theory of Magic. Routledge.
Evans-Pritchard, E. E. (1937). Witchcraft, Oracles, and Magic among the Azande. Clarendon Press.
Tylor, E. B. (1871). Primitive Culture. John Murray.
Cassirer, E. (1923-1929). Philosophy of Symbolic Forms. Yale University Press.
Jaynes, J. (1976). The Origin of Consciousness in the Breakdown of the Bicameral Mind. Houghton Mifflin.
Kahneman, D. (2011). Thinking, Fast and Slow. Farrar, Straus and Giroux.
Frith, C. D., & Frith, U. (2006). The Neural Basis of Mentalizing. Neuron.
Rizzolatti, G., & Sinigaglia, C. (2008). Mirrors in the Brain: How Our Minds Share Actions, Emotions, and Experience. Oxford University Press.
Damasio, A. (1999). The Feeling of What Happens: Body and Emotion in the Making of Consciousness. Harcourt.
Dehaene, S. (2020). How We Learn: Why Brains Learn Better Than Any Machine... for Now. Viking.
Clark, A. (1997). Being There: Putting Brain, Body, and World Together Again. MIT Press.
Ziemke, T., & Sharkey, N. (2001). A Stroll Through the Worlds of Robots and Animals: Applying Jakob von Uexküll’s Theory of Meaning. Semiotica, 134(1-4), 701-746.
Buber, M. (1923). Io e Tu. Schocken Books.
Harris, P. L. (2000). The Work of the Imagination. Blackwell Publishers.
Zunshine, L. (2006). Why We Read Fiction: Theory of Mind and the Novel. Ohio State University Press.
Mbiti, J. S. (1990). African Religions & Philosophy. Heinemann.
Deloria, V. (2003). God Is Red: A Native View of Religion. Fulcrum Publishing.
Berndt, R. M., & Berndt, C. H. (1999). The World of the First Australians. Aboriginal Studies Press.
Hultkrantz, Å. (1983). The Study of North American Indian Religions. Crossroad.
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