Oggi ho acquistato queste tre riviste, due delle quali leggo abitualmente (Le Scienze e Mind) mentre l'altra (Eco) è un nuovo mensile di economia diretto da Tito Boeri, attualmente alla prima uscita. Tutte e tre danno ampio risalto al tema dell'Intelligenza Artificiale. In effetti è la tematica del momento ed è abbastanza scontato che ne parlino. Il fatto interessante è che l'argomento è trattato sia da una rivista i cui "scope" sono gli studi sulla mente e la psiche, sia da una che storicamente si occupa di scoperte scientifiche, sia da un mensile di economia che intende dare spazio al tema del lavoro. Quindi, da una parte abbiamo la psiche, dall'altra abbiamo una discussione sulle ripercussioni socioeconomiche date da ciò che la tecno-scienza propone o impone, che dir si voglia.
Un interessante articolo su Le Scienze si domanda cosa succede se gli attuali "chatbots", meglio noti come Large Language Models (i.e., ChatGPT), sono innestati con le tecnologie robotiche, specificatamente i "robot autonomi" a carattere umanoide. Mind si interroga sulle opportunità e sulle "enormi" conseguenze psicosociali, non sempre positive, dell'Intelligenza Artificiale. Con l'occasione la rivista sulla mente ed il cervello inserisce anche un interessante articolo sul "mistero della coscienza" e sulle "opinioni" divergenti che i vari ambiti del sapere hanno sullo spinoso tema. La rivista Eco, dal versante economico, nel dichiarare che "l'intelligenza artificiale sta cambiando il mondo", si interroga se "l'IA diventerà mai intelligente come un essere umano". Mode o temi del momento a parte, il denominatore comune è che sta accadendo qualcosa e molto velocemente. Di solito amo definirla "rivoluzione cognitiva" proprio perché l'IA è un qualcosa che agisce nel sottosuolo della quotidianità di tutti noi in quanto membri di Paesi ad economia avanzata.
Ciò accade perché l'IA nell'attuale stato dello sviluppo ha dimostrato che è possibile automatizzare alcuni processi che fino a "ieri" erano un sicuro appannaggio dell'essere umano. Possiamo definirli, senza timore di abuso semantico, "processi di pensiero" e, per estensione, "processi cognitivi".
L'IA si colloca all'apice del progresso tecnico e, come tale, si sta imponendo come sua guida. Come disciplina - e non solo come tecnologia -, l'IA è destinata a svilupparsi sempre più velocemente rispetto a tutte le altre discipline e saperi (per tale motivo si imporrà come guida del progresso tecnico-scientifico), i quali troveranno nell'IA nuovi sbocchi e reciproche impollinazioni dando ampio spazio alla multidisciplinarità. Ciò genererà la coesistenza di due polarità: da una parte l'iperspecializzazione dei saperi, dall'altra la necessità di figure professionali e istituzionali capaci di oltrepassare le specializzazioni e assumere uno sguardo d'insieme. Tuttavia, sussiste un problema. Attualmente, il sistema da una parte non possiede le infrastrutture pratiche per formare una classe dirigente capace di comprendere la portata del cambiamento, dall'altra negli stessi attuali saperi mancano quelle strutture logico-semantiche capaci di fornire la base concettuale per comprendere il cambiamento.
Mi piace ricordare, a tal proposito, quanto Karl Jaspers - il più grande psicopatologo del Novecento - asseriva nel 1959 in "Origine e senso della storia": «Dopo l’azione esercitata con la tecnica sulla natura, l’uomo si trova a dover subire la reazione del procedimento tecnico sulla propria essenza, che viene inevitabilmente modificata».
Ora l'IA è la massima espressione della tecnica intesa come procedimento di automazione. Se teniamo fermo ciò che Jaspers suggerisce sugli effetti del procedimento tecnico sull'essenza dell'essere umano, ecco che da una parte risulta arduo se non impossibile guadagnare quelle strutture logico-semantiche capaci di farci comprendere un fenomeno di trasformazione di tale portata, dall'altra non è solo una "moda" che il tema dell'IA invada il campo degli studi sulla mente, sul cervello, fino ad arrivare all'ambito psicosociale e socioeconomico.
I fili che muovono il processo tecnico sono stati stesi con il pensiero greco e provengono da un sottosuolo - direbbe Emanuele Severino - che è la base della "follia" dell'Occidente e della nostra "volontà di potenza". Dove il termine "follia" ha tutt'altro che una connotazione meramente negativa.
Ora, da questa prospettiva, l'IA non è solo automazione di alcuni processi di pensiero, non è solo l'apice del progresso tecnico-scientifico. L'IA consiste nel potenziamento più che esponenziale della nostra volontà di potenza.
La facilità con cui ChatGPT ci fornisce liste di consigli e procedimenti per risolvere un problema pratico aderente ai nostri specifici bisogni - e ciò sarà sempre più evidente quando il sistema sarà dotato di memoria a lungo termine -, mostra come ognuno, con qualche dollaro, avrà a disposizione tale potenza. Una potenza che è prelevata dall'intero spettro dei saperi, declinato in centinaia di lingue. Una sorta di mente collettiva a disposizione alla bisogna, con i suoi bias, o meglio, con i suoi archetipi.
Una biblioteca di Alessandria del nuovo millennio dove i saperi non sono più staticizzati in polverosi volumi, ma sono dinamici e proattivi, cioè pronti ad avvolgere il problema o il dubbio posto e a suggerire possibili strade di soluzione anche emulando una forma di creatività contigua all'errare. Un errare che è tutt'altro che mero errore.
Ci sarà sempre qualcuno che scriverà nuovi libri, saggi, romanzi, inventerà nuove procedure e farà nuove scoperte, ma se oggi sembra che tale prassi sia isolata, o meglio contingente, rispetto alla necessità di istruire l'IA, a breve i due mondi saranno in stretto contatto con la nascita di nuovi lavori.
Non esagero se da una parte ci saranno gli istruttori di IA, ovvero professionisti il cui compito è istruire le IA (già esistono) e dall'altra ci saranno "analisti cibernetici" - li chiamo così poiché fa molto cyberpunk - la cui mansione sarà fare adagiare la macchina sul lettino dello psicoterapeuta per indagare le profondità dell'inconscio cibernetico, che sarà sempre più profondo e strutturato. Tale prassi porterà ad una profonda analisi dell'inconscio collettivo che, attraverso l'IA, sarà sempre più oggettivato.
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