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sabato 15 febbraio 2025

The Intelligence Age

OpenAI al Super Bowl 2025 – uno degli eventi mediatici più seguiti al mondo – ha proposto (o imposto) la sua narrazione, destinata a diventare narrazione collettiva: è iniziata l'era dell'intellgenza (artificiale) in cui l'IA è accessibile e utile per tutti.


Siamo all'interno di una «rivoluzione cognitiva».


Sulla scia di «1984» di Apple, epico spot trasmesso il 22 gennaio 1984 durante il Super Bowl XVIII e diretto da Ridley Scott, OpenAI si mostra come una pietra miliare nell'evoluzione tecnologica.


Lo stile dello spot è semplice e lo storytelling ripropone una sequenza delle più grandi innovazioni dall'alba dell'umanità, la caccia, il fuoco, la ruota, l'agricoltura, l'informatica e ora l'IA. È interessante come la grafica sia molto semplice e in bianco e nero, dove le fugure sono trame di punti. 


L'IA oggi manipola «granuli d'informazione» (i puntini),  la cui essenza è fluida come lo è la creatività umana.

 

  ChatGPT | The Intelligence Age


1° Spot Apple 1984 per il lancio del Macintosh.






mercoledì 5 febbraio 2025

Questioni anche di metodo

 

Quando ci si accosta per le prime volte al pensiero di Emanuele Severino chiunque, in un modo o in un altro, vi oppone una certa resistenza. Le motivazioni sono molteplici, ma in essenza la resistenza deriva da una modalità precipua con cui ci raccontiamo l'esperienza primaria, in relazione anche a ciò che ci viene insegnato comunemente, il cui contenuto è completamente avulso dalla trascendenza, intesa come anelito alla totalità. Severino mostra che tale anelito può, in effetti, essere più che un mero anelito. In altre parole, è necessario accettare che se davvero il dire vuole cogliere la totalità nella sua forma assoluta allora qualsiasi referente indicato da questo dire – compresa l'istanza del dire stesso – è parte della totalità, talvolta riferita ne «La struttura originaria» (SO d'ora in poi) dal bresciano come «intero semantico».
Per penetrare a fondo il pensiero di Emanuele Severino e le sue affermazioni è necessario controbilanciare la resistenza con una apertura all'intero semantico e ciò, a mio parere, non può non passare per un metodo di acquisizione delle affermazioni più dure che semplifichi – anche con il rischio di stravolgere – quelle operazioni semantiche che portano Severino a fornire la completa strutturazione della Necessità.
La prima cosa da comprendere è che Severino non perde mai d'occhio l'intero semantico, sebbene sia consapevole che il suo dire diacronico, il suo af-fermare, siano solo una parte (necessaria) formale di quell'intero semantico che fa da sfondo come referente.
Il metodo di Severino in SO si fonda, pertanto, sulla necessità dell’essere e sul conseguente carattere necessario di ogni proposizione vera. Dove il carattere di «verità» assume un significato ben preciso, sempre in connessione alla «totalità». Tre le righe di SO, infatti, si può constatare la sistematica riscrittura delle proposizioni in proposizioni analitiche radicantesi nel principio che ogni significato, essendo costante dell’intero semantico, implica necessariamente ogni altro significato, escludendo così la possibilità di proposizioni meramente sintetiche che non siano autocontraddittorie. Ciò significa che ogni proposizione vera è necessaria e, in ultima analisi, analitica.
Severino in SO a p. 429 esplicita questa dinamica affermando che:
«Analogamente, in relazione alla distinzione tra proposizioni analitiche, sintetiche a posteriori e sintetiche a priori (cfr. cap. VII), è da dire che tutte le proposizioni vere (ossia tutte le affermazioni non problematiche esenti da contraddizione) sono analitiche o sintetiche a priori. Se infatti ogni significato è costante del semantema "intero semantico" e se questo, in quanto necessariamente implicato da ogni significato, è costante di ogni significato, segue – come già si è detto – che ogni significato è costante di ogni altro significato; sì che l’implicazione predicazionale tra due significati qualsiasi è sempre necessaria: tale cioè che la sua negazione è autocontraddittoria». 
In questa affermazione si coglie chiaramente il superamento della distinzione kantiana tra giudizi analitici e sintetici: per Severino, l’implicazione tra soggetto e predicato è sempre necessaria (originaria), e quindi non vi è spazio per un vero e proprio giudizio sintetico che non sia già inscritto nella necessità della struttura originaria, o nella totalità inerente l'intero semantico. Le proposizioni «false», infatti, non sono semplicemente proposizioni che non corrispondono alla realtà, ma sono autocontraddittorie, nel senso che la loro negazione è necessariamente affermata.
Severino offre un esempio concreto di questa logica, dimostrando come una proposizione apparentemente sintetica a posteriori si riveli, in realtà, un caso di necessità strutturale (p. 429):
«Ad es.: stante la presenza immediata di questa estensione rossa, nella proposizione: "Questa estensione non è rossa ( = è non rossa)" la determinazione che costituisce il predicato non è, semplicemente, costante dell’intero: appunto perché questo predicato è una siffatta costante in quanto esso è tolto, ossia nel suo essere tolto. E cioè, il non esser rossa di questa estensione (che è F-immediatamente nota come rossa) è certamente, come tale, costante dell’intero: appunto in quanto ha una certa valenza semantica; ma poiché è F-immediato che questa estensione è rossa, il suo non esser rossa è tolto, sì che quest’ultimo è, come tolto, costante dell’intero. La convenienza, della determinazione tolta, al soggetto di quella proposizione dà luogo alla proposizione sintetica a priori: "Questa estensione è rossa"». 
Tale passaggio mostra con chiarezza come il carattere immediato del significato renda necessaria la connessione ( = sintesi originaria) tra soggetto e predicato: il predicato “rossa” non è una qualità accidentale che si aggiunge al soggetto, ma è una determinazione necessaria che non può essere negata senza che la negazione stessa sia tolta.
L’operazione metodologica di Severino non si limita a stabilire la necessità delle proposizioni vere, ma si spinge oltre, mostrando come anche le proposizioni che inizialmente sembrano sintetiche a posteriori possano essere ricondotte, attraverso un’analisi più profonda, alla loro natura analitica. Egli afferma infatti che (p. 337):
«Le proposizioni sintetiche a posteriori possono diventare non solo proposizioni sintetiche a priori, ma anche proposizioni analitiche: allorquando il prolungamento dell’analisi del soggetto della proposizione mostri che il predicato, manifestantesi in un primo momento come una variante del soggetto, è invece una costante L-immediata del soggetto». 
Il concetto chiave è che l’analisi del significato rivela che ogni predicato, se autenticamente vero, è già incluso nel soggetto e nella struttura necessaria dell’essere. In questo senso, il processo conoscitivo non è una costruzione che aggiunge informazioni nuove, ma è un disvelamento di connessioni che sono sempre già presenti (i.e., originarie).
Questa impostazione metodologica è strettamente connessa alla nozione severiniana della verità dell’essere come necessità. L’impossibilità che l’ente non sia implica che ogni determinazione dell’ente sia già strutturalmente connessa con il suo essere, e quindi il divenire non è un uscire e un rientrare nel nulla, ma un apparire e uno scomparire all’interno di una struttura eterna e necessaria e ciò ha una implicazione precipua con la fenomenologia epurata da forme nichilistiche (p. 12, introduzione):
«Ma ne La struttura originaria la testimonianza dell’impossibilità che l’ente non sia spinge verso la verità dell’essere anche il senso della "fenomenologia", ossia del concetto dell’apparire dell’ente. La verità dell’essere, come Necessità del legame che unisce ogni ente al suo essere (cioè al suo non essere un niente), è insieme verità dell’apparire dell’essere, cioè Necessità che il divenire dell’ente appaia non come un uscire e un ritornare nel niente, ma come apparire e scomparire di ciò che, in quanto ente, è necessariamente legato al suo essere e, così, è eterno».
Questo passaggio è fondamentale per comprendere perché la distinzione tra proposizioni analitiche e sintetiche non abbia più senso nella prospettiva di Severino: se il divenire stesso non è un passaggio tra l’essere e il nulla, ma un’apparizione necessaria dell’immutabile, allora anche la conoscenza non è un atto di sintesi che connette a posteriori elementi «isolati», ma è il riconoscimento della necessità originaria delle connessioni tra gli enti (i.e., del loro nesso necessario).
Tale struttura della Necessità si riflette anche nel modo in cui Severino affronta il problema dell’autonegazione. Egli riconosce che ogni tentativo di negare la struttura originaria porta necessariamente alla sua riaffermazione, in quanto la negazione è sempre un momento interno dell’essere stesso (p. 70):
«Ogni aporia determina una situazione concettuale in cui la struttura originaria si presenta come essa stessa negazione della immediatezza logica, e quindi come autonegazione. Ma poiché la struttura originaria è la Necessità, la cui negazione è autonegazione, che la struttura originaria sia autonegazione può essere soltanto un’apparenza. Tale apparenza è determinata dall’isolamento delle determinazioni dell’originario. Ciò non significa che l’isolamento determini apparentemente la contraddizione dell’aporia (l’implicazione tra isolamento e contraddizione aporetica è infatti necessaria), ma significa che solo apparentemente tale contraddizione è autonegazione della struttura originaria, e che l’isolamento di una certa determinazione dell’originario è appunto la causa di tale apparenza». 
Questo paragrafo rafforza la tesi che anche le affermazioni che sembrano porre un’alternativa alla struttura originaria sono già comprese all’interno della necessità della sua affermazione.
Severino mostra dunque come la logica dell’essere renda impossibile qualsiasi reale alternativa alla necessità della struttura originaria. Ogni affermazione vera è necessaria, e ogni proposizione falsa è autocontraddittoria. Ciò che inizialmente appare come conoscenza sintetica è in realtà già incluso nell’analiticità dell’essere della totalità. La traduzione delle proposizioni in proposizioni analitiche – all'interno del dire diacronico – non è un’operazione arbitraria, ma è il riconoscimento di una struttura che è già sempre presente e che non può essere negata senza autonegarsi.
Pertanto, Severino ci invita in ogni sua proposizione espressa in SO e nei suoi scritti successivi a prendere sul serio la totalità e a porre attenzione ad ogni isolamento semantico che fa sì che la parte isolata sia intesa (controvertibilmente) come totalità di cui la parte è parte. Da qui la necessità dell'analiticità del giudizio originario.
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Emanuele Severino, La struttura originaria, 1981, 7ª ediz., Adelphi

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